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La condizione della memoria- Giulia Corsalini

Guanda 2024

È un tiepido giorno di fine aprile. Anna deve raggiungere in auto la costiera amalfitana e passa nei pressi del paese d’origine di sua madre, un piccolo borgo ciociaro abbarbicato a un’altura.

Anna sente all’improvviso il desiderio fortissimo di rivedere tutti i luoghi in cui la madre ha trascorso buona parte della propria infanzia e di cui potrebbe ancora conservare memoria.

Anna non torna in quei luoghi da oltre trent’anni; l’ultima volta di cui ne ha il ricordo è una ragazzina e arriva nel piccolo paese assieme alla madre. Appena giunte in stazione, dalla quale si deve salire per raggiungere il centro, ad attenderle c’è il dottor Russo, un amico di famiglia, che abita nella casa di fronte a quella delle zie nubili di Anna, le uniche che ancora vivono lì.

La casa delle zie, insieme a quella del signor Russo, è la più bella ed elegante del borgo: entrambe hanno balconi e finestre ampie che si affacciano sulla strada, oltre che interni spaziosi ed eleganti.

Le zie, nei ricordi di Anna, sono anziane a trascorrono parte della giornata nella più totale inerzia. Anita ed Emma se ne stanno sedute su poltroncine di broccato, mentre Lia, cieca, sembra più smarrita e vaga per le stanze del palazzo.

Anche la moglie del dottor Russo, nel salone di fronte, trascorre il suo tempo affondata in un divano, in quanto i movimenti le sono impediti dall’artrosi. Anna ricorda che in quella casa è sempre il dottore a servire il tè agli ospiti e mai la moglie.

Ora, a distanza di trent’anni, Anna cerca con lo sguardo la vecchia casa e la riconosce soprattutto grazie ai balconcini di ferro battuto e alla palazzina liberty che le sta di fronte. Al posto del grande portone che le zie chiudevano con un chiavistello c’è ora un portoncino, mentre due serrande hanno preso il posto degli ingressi laterali che erano l’accesso alle cantine.

Anna chiede a una coppia lì accanto – lei se ne sta sulla porta di casa, mentre lui è su una Vespa – ed ha la conferma che sì, quella è proprio la casa della sua famiglia, i Romano  … 

Il valore della memoria di famiglia quale elemento da cui non si può prescindere per dare un senso pieno, maturo e sereno alla propria esistenza.

Richiamare e scavare nella memoria familiare è un’operazione affascinante ma spesso rischiosa, perché impone di scendere a patti con aspetti ed eventi che, a volte, non è facile affrontare. In ogni famiglia ci sono segreti, persistono non detti, gravano silenzi che si tramandano e che non sempre si ha la forza o il coraggio di approfondire.

Quando Anna decide di trascorrere un breve periodo di vacanza insieme alla madre nel borgo d’origine di quest’ultima, per quello che potrebbe forese essere il loro ultimo tempo insieme, il passato e il presente si intrecciano in un gioco a incastro in cui i frammenti dei ricordi dell’anziana madre diventano strumento che può permettere ad Anna di superare – o per lo meno affrontare – il periodo di profonda crisi esistenziale che sta affrontando.

Anna ha cinquant’anni, è divorziata e ha appena perso il lavoro: ha la necessità di ritrovare quella spinta e quella speranza che possono aiutarla a ridare senso a un’esistenza appannata e stanca. Tornare quindi nei luoghi d’infanzia della madre e nutrirsi dei ricordi di quest’ultima, per quanto fiochi e frammentari, rappresenta il gancio cui aggrapparsi per evitare di perdersi. L’immobilità dei paesaggi e delle descrizioni si fanno tutt’uno con le paure e i pensieri della protagonista, che teme l’incertezza del futuro, ma non vuole rinunciare a quel barlume di speranza, quella piccola luce nel buio, capace tuttavia di rischiarare la strada.

Giulia Corsalini offre al lettore un  testo profondo e malinconico che sembra raccontare la rassegnazione, ma è in realtà un inno alla speranza, quella che tanto può contro il senso di smarrimento.  

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