Recensioni

L’omicidio di Valle Giulia – Antonella Di Fabio

Fratelli Frilli 2024

Roma, dopo la pandemia da Covid-19.

Flavia adora potersi svegliare con calma e trastullarsi con Nous, il suo Golden retriever, che ogni giorno, al suo tenue fischio, si precipita in camera e salta sul letto. Poi preme il suo tartufo umido sul collo di lei, le lecca le gote e si lascia abbracciare.

Il periodo appena concluso è stato complesso per tutti. La pandemia ha seminato morte e innalzato muri di solitudine e disperazione. Flavia e l’amica Clara – conosciuta durante un’indagine che ha scagionato quest’ultima dall’accusa di omicidio nei confronti del marito – hanno dato vita a un’attività che, “pro bono” si impegna ad assistere vittime di ingiustizie in condizioni economiche talmente restrittive da non potersi permettere un avvocato.

In particolare, Flavia si occupa di leggere le innumerevoli e-mail che il centro riceve ogni giorno. Una segretaria filtra la corrispondenza, elimina tutto ciò che contiene minacce e irrilevanze e stampa ogni cosa.

Flavia ama l’odore della carta e legge la maggior parte delle mail a casa, mentre Nous sogna ai suoi piedi.

Quella che l’ha appena colpita più di altre pare essere la prima di una serie: si tratta di una lettera, arrivata come allegato di una mail priva di messaggio, senza firma, proveniente da un indirizzo elettronico anonimo ed indicata come “Lettera numero 1”.

Allo studio legale Navi e Partners, l’indomani, Flavia mostra a Clara la lettera: un uomo che si firma Michele scrive alla moglie tenere parole d’amore e di tenue speranza. L’uomo è rinchiuso in carcere da un mese per quella che, pare, sia un’accusa falsa. Sta pian piano abituandosi al senso di oppressione che  il carcere gli procura, ma fatica a sopportare la separazione dai suoi cari.

Poco dopo Flavia entra nell’ufficio di Clara sventolando tra le mani la lettera numero due, appena arrivata.

In essa Michele ricostruisce parte dell’accaduto e permette alle due donne di capire: i fatti si sono svolti il primo marzo 1968, quando l’uomo, per sfuggire alla guerriglia scoppiata intorno alla facoltà di Architettura, si rifugia in un palazzo e incontra una donna di nome Laura…

Cinquantasei anni fa, con i disordini di Valle Giulia, comincia il lungo periodo del Sessantotto italiano, stagione segnata dalla contestazione giovanile che si protrae per un decennio.

La facoltà di architettura a Roma prima occupata dagli studenti e poi sgombrata dalle forze dell’ordine, le sommosse, gli incendi, le barricate con le auto, le rivolte e gli assalti.

È in questo scenario che Antonella Di Fabio sceglie di far muovere i protagonisti del suo romanzo, una vicenda noir che vede come protagonista un uomo comune, Michele Proietti, che si trova al posto sbagliato nel momenti sbagliato.

Conosce per caso, proprio nel giorno più duro della manifestazione, una donna che verrà poco dopo ritrovata morta, insieme al marito rimasto ferito, e verrà accusato e condannato per omicidio.

In un lungo e drammatico carteggio con la moglie non si stanca di proclamare la propria innocenza e sarà la figlia Luisa, ai giorni nostri, a indagare su ciò che è veramente accaduto, affidando la corrispondenza tra madre e padre a Flavia e Clara, che hanno creato un’attività di assistenza alle vittime di ingiustizie e che ricorrono all’aiuto del commissario Porta.

Un vero e proprio viaggio nel passato e nel tempo, quindi, ben scritto, a parte qualche ingenuità  – la ricostruzione dei fatti nella lettera numero due, per esempio, è più a beneficio del lettore che della moglie, cui la lettera è destinata e che certamente i fatti narrati li conosce già – ed emozionante, che consente al lettore di immergersi in una Roma sempre ammaliante ma un po’ torbida.

Una storia che parla di verità, di coraggio, di amore e di speranza; una lettura avvincente che permette, anche a chi non ne avesse memoria, di conoscere uno spaccato della realtà italiana che invita a profonde riflessioni.

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