Recensioni

La guerra non ci spezzò- Tamara Lisitsian

Lemma Press 2023

Molte persone, giovani e meno giovani, ignorano i terribili anni vissuti in Italia, in Europa in generale e anche altrove, durante il periodo della Seconda guerra mondiale. Molti, forse, non vogliono neppure sapere, preferiscono non venire turbati da immagini o racconti tragici di anni ed eventi che hanno segnato l’esistenza di generazioni intere. Preferiscono vivere alla giornata, pensare a come divertirsi, fingendo di non sapere che è proprio grazie a chi ha sofferto e, spesso, è andato incontro a morte atroce, che il loro attuale benessere è possibile.

In realtà, i ricordi di chi quegli anni atroci li ha vissuti sulla propria pelle e li ha dovuti affrontare –ne è uscito ferito e ammaccato, ma vivo – possono essere utili per le generazioni future. Ecco allora che è importante raccontarli, farli uscire dalla memoria di chi ne ha avuto esperienza diretta.

L’11 ottobre 1941 le truppe nemiche, aiutate dai carri armati e dagli aerei del generale tedesco Guderian, entrano nella regione di Mosca. Sulla capitale russa si riversano anche oltre un milione e ottocentomila soldati tedeschi. File di carri armati, soldati su camionette o motociclette e cannoni imperversano per le vie della città e mutano ogni scenario.

Il giorno successivo è la volta della città di Mozhajsk, cittadina a un centinaio di chilometri dalla capitale. Tutti i maschi della città, adolescenti e vecchi compresi, vengono fatti prigionieri all’interno della cattedrale e bruciati vivi.

Le bombe cadono su case e piazze, bruciano interi quartieri della capitale. Con il cuore gonfio di dolore i partigiani, che mai si sarebbero immaginati di incontrare le truppe nemiche a ridosso di Mosca, devono imparare a difendere la propria casa, i propri congiunti, a combattere contro reparti regolari che hanno dalla loro una lunga esperienza e maggior sicurezza …

Il memoir che, a cento anni dalla nascita della sua protagonista, la casa editrice Lemma Press pubblica, è un’opera preziosa, il racconto di uno sguardo femminile che, in un giorno di giugno, a quasi diciotto anni, si posa sulle bellezze della capitale russa, ne ammira la magnificenza e si domanda se non sia destinata a scomparire, per mano della violenza brutale e dell’avidità umana. È il racconto di un’anima segnata dalla guerra e dagli orrori di un campo di concentramento; è la cronaca puntuale di uno scampolo di vita spesa in un conflitto cruento, a fianco di un gruppo di partigiani che non si risparmia, in nome della libertà dall’usurpazione nemica.

È la cronaca lucida dei pensieri, delle ansie, delle preoccupazioni e delle speranze di chi vive un destino segnato dalla fuga e dalla necessità di sopravvivere prima e, una volta che l’orrore è finito, di dimenticare per sempre gli obbrobri vissuti.

Ma non è giusto. Chi ha memoria deve farsi memoria per le nuove generazioni, affinché la vita spezzata di tante giovani vite non sia vana, affinché l’esempio di chi non ha ceduto e non si è arreso quando tutto sembrava già scritto sia un esempio da cui trarre insegnamento e un simbolo del coraggio di combattere per i propri ideali.

Attraverso un fitto scambio epistolare, Tamara Lisitsian – regista di chiara fama e partigiana sovietica durante i terribili anni del secondo conflitto mondiale – racconta, con una penna diretta e assolutamente sincera, la quotidianità della lotta e delle privazioni di un lager, l’orrore di un tempo storico in cui la dignità personale diventa bersaglio da centrare e abbattere, il coraggio di chi non si è arreso e ha cercato nella propria disperazione la forza per diventare strenuo difensore della propria Patria.

Una testimonianza lucida e particolareggiata del passato che mette in luce, tra le altre cose, il contributo del popolo russo alla liberazione del nostro Paese dalla stretta mortale del nazifascismo.  

Una lettura potente, che indigna e chiede a gran voce di essere ascoltata, perché l’orrore non si ripeta ma anche perché ci si interroghi, senza filtri o falsi moralismi, sul perché di tanta crudeltà, di tanta devastazione, di tanto dolore inutile.

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